Finiscono così, forse nemmeno troppo rumorosamente, i diciassette anni in cui si sono alternati diversi governi presieduti da Berlusconi. I brindisi fatti per l'occasione delle dimissioni non ci hanno però aiutato a condividere quella sbronza liberatoria che tanto sognavamo; già troppo attento al domani era il nostro occhio e cauto nel gioire il nostro animo. Certo è che la festa sarebbe stata molto più allegra e spensierata se la situazione che ci circonda ce l'avesse permesso. Purtroppo, però, viviamo questo triste presente e, come se non bastasse, osserviamo avvicinarsi un futuro fatto di ulteriori sacrifici. L'importante resta non accogliere chi ci strappa denaro e diritti come se questa fosse una necessità a cui in nessun modo ci si può opporre, come se l'austerità impostaci fosse l'unica dura e cruda possibilità da sopportare se vogliamo uscire da questa crisi. Non dobbiamo assolutamente appiattirci su questa posizione sostenuta trasversalmente da forze politiche e media, ormai espressione di un reale pensiero unico, che si rende disponibile ad accettare ricatti e privazioni poiché, tanto ormai, la dignità, persa con Berlusconi, ci appartiene nuovamente. E' necessario far capire come la dignità non abbia a che fare solamente con il malcostume, ma che questa venga compromessa in egual misura quanto ci si rende disponibili a subire devastazioni approvate sulla propria testa. Rivendichiamo, quindi, e continuiamo a proporci in quel ruolo di costruttori di un'alternativa, che, dobbiamo ripeterlo fino alla nausea, non coincide con l'alternanza parlamentare, in un momento in cui destra e sinistra sarebbero entrambe schiave di una dittatura finanziaria.
Se è vero che ora stiamo assistendo al tramonto dell'uomo politico Silvio Berlusconi, è anche vero che il berlusconismo, quella subcultura che ha conquistato un intero paese negli ultimi vent'anni, durerà ancora. Una presenza meno asfissiante del suo guru potrebbe però essere il motivo di una sua più celere scomparsa. Tutti quei beceri dispositivi pseudoculturali messi in atto al fine di legittimare tanto comportamenti quanto politiche berlusconiane sono ora destinati a morire sotto il peso della realtà.
Proprio così, la realtà sconfiggerà le illusioni.
Il professor Monti si prepara infatti a giocare un preciso ruolo politico in un Paese in cui, come qualcuno ha già detto, il liberismo si è ora liberato dal populismo. Il potere delle banche si esprime con un suo candidato in modo diretto ed inequivocabile. Confidiamo dunque in quella parte di popolazione italiana rimasta finora vittima del sogno “made in Italy”, affinché inizi ad avere coscienza delle proprie condizioni socio-economiche. Ragioniamo quindi sulla figura di Monti.
Da subito, fin dal primo momento in cui è stato nominato, i media hanno riposto la loro fiducia in SuperMario, per poi continuare crogiolandosi nella gioia della fine di Berlusconi, e su quanto fosse bravo Napolitano e quanto fosse sobrio e garbato Monti.
Uscendo dalle reti dei media fa pensare la dinamica per cui moltissimi italiani abbiano esultato al sentire che un economista avrebbe governato il nostro Paese. Fa riflettere perché è sintomatico della pigrizia, se non dell'incapacità mentale di molti nel leggere una minima complessità nella realtà. Che significa essere economisti?
Essere economisti basta a governare bene un Paese? Essere idraulici o muratori è una certezza di non lasciare mai scontenti i propri clienti?
Insomma come ci sono idraulici o muratori che fanno bene o male il loro mestiere, così ci sono pure gli economisti. Ed entrambi si giudicano dal proprio operato. Sicuro è che non ci è difficile immaginare come possa essere il lavoro che si appresta a fare il Monti.
Quest'uomo, presidente della Bocconi dal 1994, che elogia Gelmini e Marchionne (così iniziamo a capirci!) è anche International Advisor di Goldman Sachs (per la quale, ricordiamolo, hanno lavorato pure Romano Prodi, Mario Draghi e Gianni Letta) oltre che parte dell'advisory board di Coca Cola Company; è inoltre presidente europeo della Commissione Trilaterale (gruppo di interesse neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller) e membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg (club di personalità influenti in campo economico e politico che si incontrano in resort di lusso a discutere in modo chiuso a pubblico e media di problematiche globali). Nel curriculum di Monti vi è pure il ruolo di primo presidente del “Bruegel”, think-thank finanziato da 16 Stati membri dell'UE e 28 multinazionali.
Possiamo dunque dire con certezza che la finanza entra direttamente con un suo uomo nel gioco politico italiano; il neo-liberismo si mostra così senza veli a tutti, nella sua bruttezza ed arroganza.
La partita ora sarà veramente dura, ma almeno nel campo di battaglia non c'è più il pagliaccio che tanto distraeva dal vero obiettivo.
(Stefano Turrini)
(Stefano Turrini)